MARCELLO LANDI
"Le poesie"
Editore Nuova Fortezza,
Livorno 1982
(Antologia poetica
fino ad Horror Vacui)
Prefazione di Giorgio Fontanelli:
Le tre patrie di
Marcello Landi
........ Marcello Landi, in quella sua poesia
Livorno mia, chiama a raccolta
gli amici lontani che
suppone felici entro i confini sicuri di Piazza Grande, di Calafuria,
del Romito - e gli chiede quantomeno di non dimenticarsi di lui,
sempre più esule a Roma.
........Per chi conosca Marcello Landi, questo
appello, questo messaggio in bottiglia, potrebbe sembrare un segnale
preoccupante, specie se ricorda gli impenetrabili pudori, i muri
quasi ostili che era capace di ergere improvvisamente contro l'indiscrezione,
e poteva essere quella di un amico, che si spingesse oltre nell'hortus
conclusus della sua vita privata - della quale sapeva e voleva
riserbare a se stesso l'aristocratico diritto-dovere di aprire
generosamente i segreti, con quella cautela, un po' magica un
po' religiosa, con cui gli ultimi Gerardesca probabilmente aprono
ancora, nella nostra Maremma, le ultime bottiglie preziose. (.....)
........Sì, perché anche Livorno,
che pure non ha esiliato Marcello Landi da sé, non è
stata per lui una compagna sempre amorosa e affettuosa - come
non lo è stata neanché von Piero Ciampi, al cui
recente recupero proposto da Gino Paoli in Goldonetta, eravamo
presenti, sì e no, un paio di dozzine di amici - a un certo
punto, rabbiosamente orgogliosi di essere pochi.
........Distratta e sciupona, incurante di
metter radici, Livorno rinnega se stessa settanta volte sette
al giorno, tollera che Parigi dica e creda che Amedeo Modigliani
è un francese nato a Livorno, induce un poeta come Marcello
Landi alla tentazione della viltà, e a volte ne dimentica
il nome perfino nelle antologie di quei suoi pittori che incontri
nei boschi e nelle pinete come la carta gialla o la plastica -
lui che insieme a otto libri di versi, lascerà in eredità
anche a lei duemila e più pezzi ad olio, e una firma -
la firma sotto il manifesto del movimento artistico più
interessante, e qui l'unico, nato a Livorno nel dopo guerra immediato,
L'Eaismo, con il quale, insieme a Guido Favati, Voltolino Fontani
e Angelo Sirio Pellegrini, cercò di verificare il nuovo
ruole dell'arte nell'era cosiddetta atomica (......)
........Ma soprattutto gli ha tolto Wolf, il
pastore nero, morto in quella città (Roma) durante una
lunga assenza del padrone - una cosa di cui Marcello Landi non
sembra saper darsi pace.
........"Non deve avere la terra in bocca.
Voglio che abbia un tumulo da signore come egli era, così
nero, così sontuoso, elegante, distaccato, buono. Dicono
che era vecchio: sì, ma era vecchio anche di aspettarmi....
Gli ho fatto la tomba e so che dal cielo egli mi vede. Per questo
ora sento e credo in Dio, non dei preti, il Dio dei prati, dove
io e Wolf andavamo da soli, il Dio del cielo che ci guardava.
Ora ho capito cos'è l'amore per le creature di Dio tutte".(.....)
.......Già la Maremma, la prima patria di Marcello
Landi, l'amore più scontroso, la radice meno esibita. Ché
se con Livorno il rapporto fu dialettico e contraddittorio fu
però complesso e completo mentre la Maremma e Cecina, vera
città natale, si persero presto nella memoria come volti
fra canne di padule, prima d'aver visto se siano d'uomo o di donna,
o soltanto di ragazzo, ai limiti della fiaba.(.....)
....... tempi torvi e
stravolti. tempi di quella guerra che Marcello Landi che vi combatté,
passo anche a Livorno. E insieme ad altri che si chiamano Mario
Bergomi, Giorgio Caproni, Luciano Luisi, tutti nati in questa
città, inventò e regalo a quest'ultima l'anima che
essa non aveva mai avuto. E Livorno non è sembrata essergliene
grata, se è vero che anno dopo anno, lascia che salga l'erba
che copre il loro ricordo ......
........affido a te,
Giorgio, in ogni caso, la sorte dei miei esigui libretti di poesia,
un giorno".
........E' ciò che ho cercato di fare,
donandoti addirittura tre patrie, donandoti addirittura a tre
patrie, forse per dividere con altri il peso a volte temibile
della tua storia - o perché si azzuffino una buona volta
e si vergognino insieme, alle soglie del duemila, anche in Italia,
sulla disconosciuta maternità di una poesia, la tua, tra
le più alte del nostro tempo - tutta " pagata e ben
pagata, di persona, non con costeggiamenti sulla sponda della
vecchia e della nuova poesia". (....)
GIORGIO FONTANELLI
QUEST' ORA
Non ho sillabe a parlare di me:
a liberarmi d'antiche movenze
d'altri che cantano una storia
plagiata, Signore; la storia di tutti
ma che non è mia. Ho raggiunto
ogni limite, ho perduto la musica
d'ogni rimpianto: la vita è una pietra
che raggirai col flauto d'ogni amore
inutile. Mi sfuggono orizzonti
appena giungo a un angolo,
appena un alito di vanità
mi bacia la fronte,
e ringrazio la notte
che sola mi comprende.
Sono un uomo
imbrogliato d'assurdi divieti,
un uomo che cerca il suo cielo.
Salgono gli orizzonti sulle tempie:
si spengono i giorni.
Cos' aspetti, uomo lungo,
a rassegnarti all'ottuso destini ?
PAESAGGIO
.........................(
A Purificato)
La suora di Marlan salì le pietre
di cielo obese, un abbandono. Eppoi
non c'era senso, pativano nel sole
le pietre, dall'imbroglio dei ramarri.
Tu ricordi, lo so, la porta aperta
- era un gesto di notte in mezzo all' afa
in polvere sul tetto - Mi attendeva
un ciuffo di capelli, o l'insoluta
pena di un bene che sfuggì da poco;
non so, ricordi il sole, quel presagio
di lutti come visi tra le canne.
DOPOGUERRA
Madre la pena che tenemmo in cuore
nel plumbeo flusso di cortili e giorni,
scanditi nelle marce e nei sobborghi
sui lumi del riposo, la mia pena
cullata dal tuo viso era un inganno
di gioventù che crede di essere sola
se oggi si rammenta di quel tempo
che si scioglieva in quiete orme al sogno
del mio ritorno dopo tre guerre.
O madre, se ricordo quei compagni
bianchi di morte nella notte nera,
nell'ansito furtivo dei carriaggi
sospinti verso l'alba: se ricordo
che t' implorava lieve in una parola
inutile e scontata, angelo ormai,
lontano ormai, vano nel silenzio,
in me c'era il tuo viso e la mia patria,
la casa colma del tuo cielo, il fiume
che si abbracciava ai monti e alla mia vita
LA PAURA
La paura
è nel tarlo del tronco
sull'erba che aspetta.
...........Cos'è
la poesia?
...........E
gli atti, la luna, la speranza?
La paura sorride alle parole
di chi trova, anche in pena, un
giorno netto
ma la morte non ha alle sue spalle
...........Venite
a trovarmi:
...........io
vi dirò cos'è la poesia
...........dall'alto,
per ammicco, sulle scale.
Morire ogni giorno e vincere la
morte
"il presagio di una patria
più alta"
ma non so giungere alla soglia
lucente.
...........Eppure,
...........come
pattuglia in questa terra d'ansia
...........vi
additerò cantando il primo ponte.
(nota : l'avere scelto, da questo volume, solo
alcuni brani e non altri, non esprime un giudizio critico ma risponde
a mere esigenze di spazio)