MARCELLO LANDI

MALMENATI ORIZZONTI

Editore L'Officina Libri

(Antologia Landiana a cura di Domenico Adriano e di Tommaso Lisi)

Roma 1982
 

Prefazione: Se c'è in Italia un poeta che abbia accolto in sé, come fiume paziente le acque affluenti dalla nostra tradizione passata e recente, questi è Marcello Landi. E se c'è in Italia un poeta che abbia rimosso da se come un fiume impaziente, quelle stesse acque, questi è ancora Marcello Landi. La sua voce ripete come un'eco, la voce dei nostri grandi lirici; ma, come un'eco, la dilata e disperde, la allontana e assottiglia, la frantuma e consuma.(....)

Per questa identificazione di vita e di poesia, per questa esperienza poetica maturata e macerata sul corpo stesso della tradizione, per la tristezza ilare e generosa e l'aspra e scagliosa luminosità di questa vita e poesia, Landi sta da solo nella seconda metà del nostro Novecento così come è stato da solo nerlla prima Dino Campana. Non poeta "secondario", dunque: come una una critica facile vorrebbe e quella ancora più facile dei nostri critici vuole; né poeta "secondo" a nessuno: ma un poeta "diverso" dagli altri perché più degli altri "non diverso" dall'uomo, dagli uomini. Un poeta che ha scavato nella poesia tradizionale fino a cavarne e a ricavarne una poesia all'altezza della tradizione.

 
 
IN CIELO LE MONTAGNE
 
Un sogno,
come l'ombra sul muro di una foglia
t'appariranno in altra vita
i giorni che oggi soffri.
 
Ma no, non puoi ascoltarmi
tempo: negli occhi di mia figlia
ti perdi come gli alberi nel fumo.
 
In cielo le montagne
ci aspettano per ridere
di quest'attimo morto nel suo inganno.
 
NON SO PARLARE...
 
Non so parlare della notte azzurra:
i lunghi asfalti dove muore il mare
della città che indossa questa pietra
per dirci ancora di morire. O notte
perduta nei licheni dei tuoi tetti,
io sento quest'inganno per noi vivi,
quest'ansia che scolpisci con le stelle
di la dai monti, nel tuo antico coro
e fa l'abisso fondo delle acque,
o notte, laghi d'erba, dolce notte.
 
 
BOMBARDAMENTO 1943
 
Vagò il giorno con le mani in croce,
vagò dietro la nuca delle case
supine come vergini: sui ponti
gialli del sole che impietrò senza urli
- una barca per l'aria cadde antica
oltre l'insegna - il cielo che non disse
nulla per noi, né sillaba di vento
al rivo della pioggia per lavare
sulla fronte la polvere dei morti
nelle braccia spezzate dell'asfalto;
il giorno che lasciò come un viandante
l'ombra sul muro, prima di morire.
 
 
(nota : l'avere scelto, da questo volume, solo alcuni brani e non altri, non esprime un giudizio critico ma risponde a mere esigenze di spazio)

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