Recensioni Aprile 2011

 

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Paolo Giordano

La solitudine dei numeri primi

Mondadori, Milano 2008

Due giovani, le cui vite sembrano così diverse e lontane, si incontrano quasi per caso. Il primo passo compiuto da Alice è l’invito ad una festa che Mattia, schivo e silenzioso, accetta con poca enfasi. Da quel momento le loro vite si avvicinano, alternate da momenti di condivisione e di lontananza; c’è un filo che li unisce e li porta a rincontrarsi nei casi di reale bisogno. L’elemento caratterizzante della storia è la sofferenza, il dolore radicato nell’animo dei due personaggi; questa é la chiave di lettura della vicenda narrativa racchiusa ne La solitudine dei numeri primi. Paolo Giordano, con uno stile efficace, riesce a trasmettere “momenti” di viva lettura. Stati d’animo, pensieri, azioni sono ben descritti e modulati da una rappresentazione dell’ambiente e dei personaggi secondari che fanno da sfondo, quasi ad incorniciare, la vicenda che si realizza. Con questo libro l’autore ha vinto il Premio Strega nel 2008. Alice fatica a camminare, tale difficoltà motoria diventa motivo di scherno delle coetanee; è la conseguenza di una caduta sulla neve per uno sport seguito per volere paterno. Mattia è un giovane molto dotato, ha una sorella gemella, Michela, con dei ritardi cognitivi molto accentuati. I compagni di classe lo isolano per paura della sorella. Un giorno i due sono invitati alla festa di un compagno. Mattia è contento, ma vorrebbe andare da solo. Ha un’idea: lasciare per poche ore la sorella nel parco, poi tornare a riprenderla. Non la ritroverà più…Inizia quindi il grande rimorso per aver preso quella decisione. Il tempo passa…Mattia ha una proposta di insegnamento in un corso di algebra e nel frattempo Alice sposa un medico, Fabio, e diventa una brava fotografa. I destini dei due giovani rimangono comunque legati; appena Alice ha bisogno di vederlo Mattia lascia tutto e parte.

Emanuela Ferrari

 

 

Certamente l’opera letteraria di Lido Pacciardi “Esopo in Toscana”, edito Bandecchi & Vivaldi, è destinato a pesare nel tempo, sia per l’eccentricità e la serietà della ricerca filologica condotta, sia per l’approfondimento di ogni novella rivisitata, con l’abilità di un vero e proprio cantore in esametri, che per la sensibilità dimostrata nel répéchage delle fiabe non sempre conosciute. Destinata, dicevamo, a rimanere salda nel tempo e non solo per lui, artefice di tanto lavoro, ma per tutti coloro che nel suo percorso letterario ritrovano modelli estetici e canoni di vita. Degno di attenzione, plauso e meraviglia, la sua capacità di estrarre da ogni novella, sottoposta all’attenzione del lettore, il succo e l’estrema modernità degli argomenti, che, rivisitati con il senno del poi, mostrano nella loro estrema sintesi la pochezza, la stupidità, l’estrema presunzione dell’uomo nelle sue infinite sfaccettature, perché l’uomo da sempre si comporta in maniera illogica, talvolta puerile per la caparbia sicurezza che ha sempre di sé. Gli animali raccontanti da Esopo ab antiquo hanno espresso in modo esemplare sia pure con il sorriso di chi si è compiaciuto divertirsi alle spalle dell’homo sapiens, la sua indiscussa stupidità che Lido con estrema chiarezza nella sua piccola morale in appendice alla novella che nulla cambia dell’originale, ha voluto sottolineare sorridendo sotto i baffi mentre lui stesso si dichiarava homo sapiens. Ironia e bon ton nelle morali aggiunte, dove emerge in maniera acuta e intelligente la personale interpretazione dell’autore, o, meglio, decodificatore dei messaggi antichi. Le storie che arrivano direttamente da Esopo, Fedro, La Fontaine fino a toccare le epigrafi di Leonardo Da Vinci, attraverso le storie di animali, le cui azioni e il modo di rapportarsi al reale somigliano a quello dell’uomo (lui stesso animale per di più pensante), toccano la nostra sensibilità di moderni che, sia pure di malavoglia, ne condividiamo le imprese, le sortite, gli sbagli, gli eccessi, gli squilibri sorridendo anche se obtorto collo dei nostri stessi difetti. A latere la grande facilità dell’autore di rapportarsi a testi antichi, di richiamare alla mente per coloro che lo desiderano, la mitologia di cui lui appassionato indagatore si appropria da sempre, senza dimenticare anche la perizia con cui introduce parole gergali o dialettali che richiamano il faceto e fresco parlare della Toscana cui l’autore si compiace di appartenere. Non a caso infatti il titolo dell’opera: “Esopo in Toscana”.

Giuliana Matthieu

Lido Pacciardi

Esopo in Toscana

Bandecchi & Vivaldi, 2010

 

Giuliana Matthieu Chiocchini

La Maremma cantava il suo Agosto

Ibiskos Ulivieri, Empoli

Chiusura all’insegna della autenticità letteraria e della profondità culturale ed emotiva per le attività della Casa Editrice Ibiskos Ulivieri ed il Circolo Poeti e Scrittori di Empoli. Sala gremita nell’atelier creativo di Alessandra Ulivieri in via Lavagnini per la presentazione dell’opera omnia di Giuliana C. Matthieu: “La Maremma cantava il suo agosto”. Moltissimi anche i presenti “oltre il muro” per riprendere una espressione dell’autrice. Fra questi il figlio di Giuliana che risale a galla dalla piscina e rivive in queste pagine, il nonno nemico lessicale dei funerali, i genitori strizzati dall’economia di guerra e tanti altri personaggi fra realtà e fantasia scesi dall’autobus di umanità che si era fermato alla sede dell’Ibiskos per questa strenna festiva; una fisarmonica di pagine con tasti di iodio maremmano e spartito di libertà conservata fino dai tempi degli Etruschi. Fra i segnalibri nascosti dai cerchi concentrici di immagini, ricordi e presenze la “signora in grigio” significativa immagine con la quale la scrittrice rappresenta la Morte: non in nero tradizionale ma nel colore della quotidianità piatta, impiegatizia, nascosta nel ritornello del “come da copione”. Nonostante le tante scomparse però di persone, personaggi e costumi il messaggio offerto dalla raccolta rimane quello di un ottimismo interiore, maremmano appunto con le sue radici che scommettono sulla vita come quelle degli ulivi che dal Getsemani alle campagne sotto Livorno sfidano le intemperie della natura e dell’uomo. L’accoglienza entusiasta del volume ha registrato anche una proposta di trasposizione filmica di molti racconti che possono essere inquadrati in una nuova stagione filmografica che bussa anche alle porte della Maremma.

Cristiano Mazzanti

 

“Tira sempre in aria una moneta, prima di decidere qualsiasi cosa”. Giorgio Amabile non si è mai sentito tradito dalle scelte della moneta. La lancia in aria aspettando che il fato guidi i suoi passi verso ciò che è meglio fare. Non si volta indietro, coglie l’attimo e azzarda solo due possibili scelte, nettamente distinte come il bianco e il nero. Strano modo di agire per un commissario. Si direbbe un individuo incapace di gestire la propria vita, un insicuro, eppure Amabile è tutt’altro. Testa o croce è un espediente per sottolineare come l’ irrazionale non sia estraneo alle scelte esistenziali anche di coloro che non sono necessariamente incapaci o insicuri, ma si limitano a individuare due alternative e poi lasciano alla sorte la responsabilità di scegliere. (Massimo Mannucci) Amabile ci appare tra le spiagge dell’Adriatico da uomo che piace e che si piace; dietro di sé le lacrime di qualche donna labronica rimasta abbagliata dal suo fascino e dal suo aspetto decisamente curato. In lui ha sede l’ambizione, la carriera, la voglia di primeggiare. Sicuro delle sue potenzialità, si muove nel giorno e nella notte in attesa di un caso che possa finalmente puntare su di lui il riflettore della ribalta. Una sottile linea d’ombra, però, divide l’egoismo del suo animo da ciò che è proprio degli uomini onesti: il senso della giustizia. La giustizia è una primaria esigenza umana che può diventare fonte della pace sociale se viene attuata con rigorosa lealtà, rispettando soprattutto quelle umane esigenze originali e irriducibili che non possono essere sacrificate da nessuna norma e da nessun potere. (Massimo Mannucci) Finalmente un caso. Il suo caso. Il museo civico della città si fa teatro ambiguo dopo l’esposizione al pubblico di un falso Sironi. In apparenza la vicenda non risulta troppo stimolante, se non per la presenza di una giovane e attraente donna, Matilde Solopaca, la direttrice del museo, ma la trama, pian piano, si infittisce e le radici di quanto accaduto giungono in profondità sino alla fredda Svizzera. Amabile si scopre un amante di pensiero; fantastica e si ingegna nell’elaborare strategie di incontri con Matilde, ma niente di tutto ciò avrà conseguenze nella realtà. Il destino ha in serbo per lui un’amara sorpresa. Il destino è un fattore misterioso che supera la nostra misura e poggia sul divario che c’è tra l’uomo e la realtà che lo sovrasta, divertendosi a spaccare le immagini parziali ed a stracciare i disegni limitati che possiamo formarci con la nostra fantasia. (Massimo Mannucci) Passione e amore irrompono nella vita del commissario, tanto da poter fargli sorpassare gli ordini dei superiori. Un moto inarrestabile lo spinge verso Matilde e quando sarà per lei il momento di uscire di scena tragicamente, l’affetto di Amabile e la sua voglia di scoprire la verità si mischieranno dando origine a un sentimento che metterà a dura prova la sua stabilità emotiva. La rabbia, le tessere mancanti di un puzzle, le aspettative amorose e l’incredulità sono all’ordine del giorno. Ma qual è il vero senso della morte di Matilde? Forse all’autore piacciono gli escamotages, così in Amabile prende vita un nuovo percorso interiore, fatto di umanità. L’amore è volere il bene dell’altro prima di ogni cosa, avere a cuore il suo destino anteponendolo al proprio; senza attesa di corrispettivo, ma con la sola speranza della reciprocità. (Massimo Mannucci) Riuscirà Amabile a trovare il bandolo della matassa, in un intrico d’amore, quadri, falsari e detenuti? Resta da scoprirlo in un centinaio di pagine che lasceranno il lettore piacevolmente colpito.

Rachele Campi

Massimo Mannucci

Testa o Croce

Soc. Ed. Fiorentina

 

 

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