Recensioni luglio 2020

 

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La trilogia dello scrittore Sergio Taliani dal convincente ed emblematico titolo "Squarci di memoria" è senz'altro podero­sa e piena di risvolti perché percorrendo i vari stadi della vita dell'infausto periodo bellico di cui con la semplicità dello scrit­tore di razza riflette ogni sfumatura, riesce a stabilire un contatto diretto con il periodo storico che fa da sfondo alle sue vicende personali intessute di quella dolce poesia di amarcord che dal singolare o meglio dal privato passa poi a rappresentare un'e­poca. E proprio attraverso questo transfert, privato-pubblico, personale-universale che lo scrittore dimostra una particolare forza narrativa. E facile in fondo parlare di noi e delle nostre vicende che sembrano ingigantirsi e diventare uniche proprio perché sono nostre, la grandezza sta invece nel rappresentarle quasi fossero dell'umanità, e si immergessero nel grande conte­nitore della vita dove scorrono dolori e sentimenti e le sue storie a questo punto non appartengono più soltanto a lui ma a tutti. Eleganti, senza dubbio, forti di una grande espressività narrativa le descrizioni di fatti e vicende dai primi del '900 cavalcano tutto un periodo storico per giungere fino a noi senza grandi balzi o scosse, perché è proprio delle nostre storie che parla. Chi di noi che apparteniamo al suo tempo può infatti non raccontare di nonni e padri coraggiosi, di madri tutte di un pezzo, di piccole storie di fame, miseria ma anche di affettuosità mai palesate? Taliani racconta di sé, ma anche di noi senza però rivestirsi di panni non suoi, perché troppo grandi o troppo stretti.

Taliani sa di sé, della sua famiglia e delle sue vicende che tuttavia ci contengono perché in questa identificazione sta la grandezza dello scrittore, parlare delle sue vicende quasi non fossero più soltanto sue, ma appartenessero all'umanità per quello slancio di compassione universale di cui in fondo vogliamo essere un po' tutti protagonisti se abbiamo abitato o abitiamo lo stesso mondo. Attraverso la trilogia il cui titolo emblematico "Squarci di memoria" contiene in nuce già tutta la vicenda che diventa un po' la nostra storia di cui diventiamo in un certo senso co­protagonisti, si ritrovano emozioni e sensazioni e si visualizza nella memoria un vissuto comune. E l'amaro di giorni oscuri, si dissolve in una girandola di colori che nulla hanno di tenebroso o scuro ma riassumono in sé l'odore della prima giovinezza che nulla aveva o ha da temere nell'aspettativa di tempi migliori. C'è inoltre da dire che lo scrittore non si lascia mai prendere dal frenetico svolgersi dei suoi ricordi ma ne allarga il conte­nuto condividendoli con gli altri. E questo nell'era di Internet è senz'altro positivo e merita un plauso. Chiara e persuasiva la sua posizione anche nei confronti della restaurazione o meglio del ritorno alla normalità di vita. Si può affermare con una certa tranquillità che il nostro autore ha decisamente pianificato la guerra e le sue atroci conseguenze con la serenità dell'osser­vatore che sta a guardare e, seppur coinvolto, lascia scorrere le vicende guardandole dall'alto.

Giuliana Matthieu

 

 
 

Il volume "Etica e impresa: quale responsabilità sociale? - Un equilibrio complesso" di Barbara Bonciani, docente di Sociologia dello sviluppo all'Università di Pisa, assessore al Porto del Comune di Livorno, ricer­catrice ali 'Ufficio studi dell' ADSP del Mar Tirre­no Settentrionale, riflette sul passaggio del concetto di responsabilità sociale, storicamente, dall' approccio filantropico alla società del rischio.

La nuova attuale stagio­ne critica del rapporto tra etica ed economia ha assunto un'importanza centrale all'interno del dibattito politico, economico e sociale sia a livello internazionale che in contesto europeo e locale, con le recenti strategie attuate alle Nazioni Unite e all'Unione Europea (ricordiamo la pubblicazione del Libro Verde sulla responsabilità sociale d'impresa).

Bonciani approfondisce in particolare il settore imprenditoriale dello shipping (dal mare passa il 90% del commercio mondia­le) dove si sono ormai raggiunte economie di scala elevate ed i costi variabili si appuntano perlopiù sul personale, uomini provenienti in gran parte dai paesi più poveri del mondo, a danno dei quali si ascrivono i fenomeni di dumping sociale, allontanandosi da una visione di welfare verso una visione dell'occupazione sempre più flessibile.

Viene trattato inoltre il problema degli effetti delle esternalità sull'ambiente. Il volume è edito da Pisa University Presso

Cristina Battaglini

 

 
 

Viaggio di emozioni tra sacro e profano

Vincitore del primo premio nella sezione "Poesia" al 13° Con­corso Internazionale "Autori per l'Europa 2018", e pubblicato nella collana "Phalaenopsis" della casa editrice "Ibiskos Uli­vieri", "Pioggia di parole", frutto della collaborazione artistica - ormai ventennale - tra Riccardo Di Salvo e Claudio Marchese, semina sapientemente le orme di un viaggio letterario multifor­me, conducendo il lettore attraverso scenari talvolta antitetici, financo volutamente provocatori.

Nonostante la separazione delle liriche per autore, le immagini suscitate dal racconto poetico finiscono per confluire in un 'unica, fervida voce narrante, messaggera di velata solitudine, pervasa dalla contezza della perdita ("La barca il pescatore/aspetta/muto il mare/non luccica/le onde/un viavai di amici/a volte inutili/a volte grandi/come il cielo/alcuni spariti", "Spento/il giorno/ per sempre vuota/la città"), ma nel contempo imprescindibile compagna dell'uomo e maestra di nuova consapevolezza ("Lo insegnano i filosofi:/soli per scelta/e viaggiare liberi/con la propria mente", "Non luccichio di vetrine/ma falò di Carnevale/ tra le ultime vestigia/del morente inverno").

Nel volo struggente dei versi, l'ebbra voluttà dell'amore assume le sembianze di "un fragile dio di terrena bellezza" ("Ferma i colori del mio tramonto/perché sia orizzonte ai miei occhi la sagoma/del tuo corpo"), che strega con suadente maleficio ("Riempi la mia bocca di nettare supremo/cospargi di rugiada la mia pelle arsa", "Sentii Dioniso/il folle dio/entrare nelle vene/ Vidi non fondali/d'oro e di velluto/né altari/profumati d'incenso/ ma scrigni di carne/lucenti come animali").

Ma l'amore non è solo fisica frenesia - aspetto che risalta nelle poesie appassionate di Marchese, madide di eros -, è anche te­nero e irrinunciabile ricordo di anime lontane, a noi per sempre legate nel cammino dell'esistenza ("Relegato nel dimenticatoio dell'indifferenza/in questo mondo di pazzi/vivrò ancora un lampo di tempo/nella continuità/del tuo pensiero/dolce essenza della mia vita/odore di fresia e di gardenia"). Su questa variegata umanità in perenne attesa, le venerande icone della religione ca­lano a tessere connubi ("Passa la Santa/sacro/profano/e/lacrime di cera/inondano l'asfalto" , "Nella città arabesco incandescente/ bronzei corpi la santa patrona/ai cieli innalzano") e a dividere sentieri ("Luce il tuo crocefisso/sulla pelle/ne fui abbagliato/ poi insieme bevemmo/ad un 'unica fonte/non volevamo più staccarci/si fece l'alba sul Gianicolo/i rintocchi ti ricordarono/ che avevi un altro amore/ti aspettava il coro di preghiere"). Di Salvo, in un più ampio respiro di empatia, abbraccia il dolore dei disperati in cerca di un domani che non arriverà mai ("In­concepibile/morte/si spande/l'acqua verdeazzurra/si tinge di vermiglio/in fondo al mare/i sogni dei migranti/gridano silenzio/ alle lingue stolte/Piango"), si concede al volere degli anni, omag­giando imperituri echi di pascoliana memoria ("Ecco di nuovo gli aquiloni/passa il tempo/come nuvole/soffiate da maestrale/ un altro anno si è sbriciolato/tra le dita/io resto qui/aspetto di annullarmi/nell'infinito azzurro"), condivide l'incanto di una romantica notte di Ferragosto, feconda di promesse ("Il tuo odore/irresistibile/sento/e trovo la mia dimensione/ora ci inebria il profumo dei gelsomini/che si abbarbicano sui muri della mia casa/Insieme cerchiamo la luna/io non voglio più staccarmi da te"), oscurato sul finale da un leopardi ano deja-vu, rimorso di malriposta generosità ("Imperfetto/spinto/da venti gracili/non ho più nulla da dare/è morta la gallina dalle uova d'oro/Ed io sono sempre più Medea").

Più autoreferenziale e "terrena" ("metropolitana", se vogliamo) la poesia di Marchese, celebrante, senza filtri, il richiamo della bellezza e il piace­re onnicomprensivo dei sensi (“Qui nel glaciale deserto/immensa mi appare/tua nudità/da fuoco/ generata/un letto sogno/di fiori cosparsole di carnali profumi/sulla tua pelle/le mie gocce gialle/di tuli­pano"), attraverso un trip psichedelico e reboante nei paradisi internazionali della vita notturna, come nelle liriche "Mi chiami da Zurigo" ("Sulla pedana del bordello/ occasionale amante/per tu­risti sadomaso/tanga nero di pelle/e pube cosparso di zafferano/nel vortice di carnali estasi/precipitavo luminescen­te laser"), "Mykonos" (“Oggi a Mykonos/tutti danzano/con te/Dioniso/al Super Paradise/ azzurra spiaggia/di case bianche/mi scateno/in un'orgia di suoni"), "Una musica pazza di bohème" ("E s'aprono le vie di Parigi/in un inverno livido/e impazzito/le bevute nei bistrot/le labbra sui capezzoli/dell'ultima maitresse/nuda e immensa/come le donne/di Matisse"), ed "Ecumenica città", dedicata a Roma (“Nei salotti/lussuria spande/profumi corrotti/e trionfanti/che san di chiesa/e di bordello").

Su entrambi i fronti poetici, una mistica profana di disarmante sincerità, che si offre senza riserve all'oggetto del desiderio, consumandosi ogni volta, araba fenice, nell'eterna ricerca dell'idillio perfetto.

Francesca Migliani

 

 
 

 

 

 

 

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