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Valerio Rossi - L'asino
e il moschetto - Edizioni B6l2
Un
documento prezioso per capire che cosa è stata l'esperienza storica e umana
della Resistenza. Un racconto collettivo, tragico e crudo a tratti, ma che non
perde mai quell' inconfondibile vena di delicata ironia. Il ritorno dello
scrittore Valerio Rossi, ex dirigente del Servizio finanziario del comune di
Piombino, dopo il suo primo libro Il governatore (1991). Molte le opere sulla
Seconda guerra mondiale e sulla Resistenza italiana, ma stavolta lo scrittore
ci sorprende rievocando il periodo attraverso brevi racconti che riportano la
voce della sua famiglia, rivelante ai lettori la veridicità di tante storie
narrate con gli occhi di chi ha vissuto quell'importante e crudo momento
storico. Vicende che hanno avuto luogo tra le colline toscane, narrate con precisione
e sguardo attento, ma anche con quella sfumatura di tenerezza che trasforma la
storia generale in una versione originale e valida soprattutto a livello
scolastico. Un
libro di grande spessore dove storicità, guerra e vita si incontrano donando un
prezioso contributo per vincere l'indifferenza e l'omertà serbate ancora oggi
verso tali periodi storici. Un libro che lascia un messaggio diretto
soprattutto ai più giovani, che non devono restare indifferenti a tutto ciò,
per cui uomini e donne hanno combattuto per avere un paese democratico, dove
potesse esistere la libertà di opinione, cancellando vent'anni di dittatura. Un
romanzo che sottolinea valori ormai quasi dimenticati come libertà, pace,
uguaglianza, solidarietà denunciando il fascismo e i suoi eccidi e analizzando
l'occupazione e il ruolo fondamentale della Resistenza italiana. La
prefazione del libro è curata dallo storico Stefano Gallo, mentre la
postfazione è scritta da Ado Grilli, affezionato amico dell'autore. Il libro
rappresenta una preziosa bussola in mezzo a un incerto e smarrito presente.
Francesca
Ghiribelli
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Pier
Fernando Giorgetti - Lutero
e la Riforma. Lo spirito del germanesimo nel rigetto del Rinascimento, 2017- ETS
Pisa
Il
significato profondo, ed assolutamente nuovo, del volume Lutero e la Riforma -
appena apparso nelle edizioni ETS di Pisa - è indicato dal sottotitolo:
"Lo spirito del germanesimo nel rigetto del Rinascimento". L'opera
legge Lutero e la Riforma alla luce delle tonalità psicologiche e culturali con
le quali il germanesimo, in tutto un precedente millennio di storia, aveva
plasmato lo spirito tedesco, rendendo problematico - a cominciare dal senso
della fatalità degli eventi e dal culto del destino - il suo rapporto con lo
spirito della latinità e della cristianità, che, pure, aveva influenzato la
Germania fin dai tempi di San Colombano e di San Bonifacio. Il
Cinquecentenario della Riforma è pertanto riletto in un rapporto del tutto
nuovo con la grande età dell'Umanesimo e del Rinascimento, al seguito di un
radicale riesame anche del rapporto tra Antichità classica e Medioevo.
L'implacabile contestazione della Chiesa nella Riforma trova pertanto - in
questo lavoro - la sua prima radice nell’incompatibilità del germanesimo con
tale spirito del Rinascimento, con le figure della sua latinità e con il grande
ideale dell’'umanità una", nato con l' ellenismo e tradotto dalla Chiesa
delle origini in linguaggio cristiano. Pur
nell' estraneità alle creazioni dell'Umanesimo sul terreno delle humanae litterae, sul piano delle arti l'avvicinarsi
del Rinascimento al suo apogeo aveva coinciso anche in Germania con un periodo
di grandissima effervescenza e di incontri diretti con gli artisti dell'Italia
umanistica e rinascimentale. A cominciare da Dürer, maestri del livello di
Leonardo, Raffaello, Tiziano, Michelangelo, erano divenuti gli indispensabili
interlocutori di arte e di dottrine estetiche nelle floridissime città
tedesche, ricche di arte e di storia, che da sempre il Reno aveva unito,
facendo di Basilea il principale centro di influenza culturale e civile. E fu a
Basilea che Dürer si nutrì dei nuovi ideali estetici e religiosi del
Rinascimento italiano, da lui espressi nell'Autoritratto con pelliccia del 1500
, riprodotto nella copertina di questo volume. L'apparire in esso come un
Cristo benedicente non era blasfema empietà, ma celebrazione della
magnificentia hominis, quale dono fatto da Dio all'uomo di quella bellezza che
Dürer inseguì per tutta la vita e che, nel celebrarla in sé, intese come
rinascimentale ed universale omaggio all' humanitas quale talis, poco prima che
essa fosse tanto contestata dalla Riforma. Era il grande ideale dell’'umanità
una", che egli ebbe il dolore, negli ultimi anni di vita, di vedere
crudamente respinto nei suoi stessi capolavori dall'implacabile contestazione
della dignitas dell'uomo e dei segni dell' arte e della bellezza, nei
persecutori tumulti iconoclastici della distruzione delle immagini.Nascere
con l'uomo, tramontare con l'uomo: questa, di fronte allo spirito del
germanesimo, fu la parabola del Rinascimento a Basilea e in Germania.
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Ottovolante l0
testimonianze di vita- Gianluca Giunchiglia
Non
li chiamerei racconti nel vero senso della parola, sono piuttosto testimonianze
di vita raccontate a fior di labbra per non disturbare il lettore che si
avvicina al libro. I titoli stessi sono frasi incisive che graffiano dentro
quando ci si avvicina, ma niente di particolarmente complicato o complesso,
perché è della vita, di questo strano percorso di giorni e di anni che
l'autore, investito anche della sua qualifica di pedagogista vuol raccontare.
La vita che si assapora tutti i giorni, che si fa largo attraverso gli anni e
ci lascia talvolta un sapore di amaro o di dolce in bocca. E allora ci
avviciniamo quasi in punta di piedi alle sue storie, semplici a volte, difficili
altre, ma sempre costruite con il tessuto umano di cui Gianluca è fatto e noi
lo stesso. E allora si comprendono le sue piccole storie, niente di
eccezionale, banali talvolta, aspre talaltra, ma sempre umane perché è
dell'uomo che lo scrittore parla. Amori semplici e giovanili, che si vestono di
sensualità (Ottovolante) struggenti Giulia dove sei?, malinconie inespresse
che martellano dentro Piccole cose
nel dolce ricordo di una tranquilla infanzia, e ancora la drammaticità appena
toccata ma evidente di Lenzuola bianche. E
tutto trattato in punta di forchetta, quasi l'avvenimento che fa parte dell'
umanità fosse già digerito ancor prima di essere gustato. E
allora il titolo di questa deliziosa raccolta dove si nota la professionalità
di chi il mestiere di pedagogista lo sa fare bene, è del tutto giustificato. Ottovolante,
la velocità del passaggio sulla terra, la transitorietà dei sentimenti e il
desiderio mai soddisfatto di novità e cambiamento, perché noi siamo
sull'Ottovolante, e non ci stanchiamo mai di girare con lui in troppa fretta
talvolta. Ma
di lì bisogna scendere e i personaggi di Gianluca scendono tutti: chi prima chi
dopo.
Giuliana
Matthieu
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Margherita d'inverno: la primavera dell' essere, tra
realtà e fantasia Paolo Pampana - Ibiskos Ulivieri Empoli
Margherita: il fiore che, per antonomasia, rievoca il
ciclico ritorno della primavera, della vita che si risveglia, riconciliandosi
col suo ritmo naturale, dopo la forzata quanto taumaturgica parentesi del
letargo. Ma pochi sanno che fiorisce anche d'inverno. Così,
in perenne bilico tra le stagioni dell' essere, è Antonio, protagonista e
narratore di questa storia, giostrata sempre sul filo della sovrapposizione tra
realtà e fantasia, concretezza fidata e tangibile dei sensi e seduttiva,
precaria immaginazione. Figlio di un'era che dona inconsapevolezza al presente
ed alea al futuro, vittima di un'ancestrale quanto cronicizzata paura del buio,
Antonio si muove, incerto e inappagato, lungo i marciapiedi consueti dei giorni, a sprazzi ravvivati dai
provvidi incontri con i pochi, sinceri amici in grado d'infrangere l'ovattato
specchio della sua solitudine. Pervaso da sottili ma pervicaci inquietudini,
alla febbrile ricerca di un'identità ostinata a sfuggirgli, s'illude di trovare
sollievo al suo male senza nome tra le braccia di due donne, Teresa ed Alice:
sirene affascinanti e misteriose, zingare danzanti sul palcoscenico di un
sogno, diverse ma strenuamente condivise da un imprescindibile anelito di
libertà che non ammette repliche, ancorato all' incolpevole e fisiologica
volubilità del corso degli eventi, che dirotta i destini, erodendo la stabilità
dei legami. Incompatibili con maldestri tentativi di classificazione, spiriti
moderni e inafferrabili, cacciate e cacciatrici, avviluppano, ognuna a suo
modo, mente ed anima del protagonista, indecisa pedina di un ardito gioco del
desiderio che, malgrado ogni plausibile strategia, è sempre un passo avanti a
lui, relegandolo a subire l'altalena irrisolta delle assenze e dei ritorni. Fin
quando, coup de théàtre, entrambe le amanti non escono di scena. Ma, come
l'esperienza della lettura ci ha d'altronde abituato, lungo la linea sottile
che demarca i confini tra verità e finzione, niente è come sembra. E anche
Antonio lo scoprirà sulla sua pelle, confuso, giorno dopo giorno, da una
straniante percezione dell'onirico, attirato nel paradiso-inferno di un
miraggio che, imperturbabile sfinge, semina più domande che risposte; arrivando
a chiedersi, violando la razionalità delle sue rassicuranti convinzioni, se il
potere della magia esista davvero, e se gli angeli camminino al nostro fianco,
mascherati, nella loro uniforme terrena, da vecchi loquaci, richiamati
dall'urgenza di salvarci da noi stessi, o se è solo il frutto dell'ennesima,
solitaria bevuta di troppo al bar sotto casa. Una semplice parola, un segno per
capire finalmente chi essere e dove andare, senza più l'oppressione della
paura: questo ciò che Antonio chiede, anzi supplica, attraversando, come un
fantasma, notti profumate di perché; vibrando all'unisono, come un diapason
umano, con gli echi soffusi della città dormiente; ricordando a tratti lo
struggente "latin lover con la faccia da Beethoven" e il "cuore
di cartone" che, sotto "occhi di stelle", assapora l'inedita
malinconia del lungomare di Riccione, nel famoso brano dell' indimenticato
Lucio Dalla. Mentre, spettatore discreto e fugace sullo sfondo, il gatto
Euclide attende con usata pazienza il suo ritorno, elaborando con orgoglioso
rimpianto, tra uno spuntino e uno sbadiglio, lo sterile teorema della sessualità
arbitrariamente negata. Paolo Pampana, meritevole con questa opera del terzo
premio nella rassegna per narrativa inedita "Autori per l'Europa"
(edizione 2017, organizzata dal "Circolo Poeti e Scrittori" di
Empoli, in collaborazione con la casa editrice "Ibiskos-Ulivieri"),
con la sua prosa mobile, ricca di suggestioni, sfumata nell'afflato delle
atmosfere e nell'intreccio dei dialoghi, si muove agilmente tra alterni piani
narrativi, facendoci credere l'incredibile, portandoci, pagina dopo pagina, volutamente
fuori strada insieme al protagonista, tingendo di giallo l'intera vicenda (ma
niente spoiler, giuro), in un'indagine psicologica che sempre più ci coinvolge
ed intriga, consci che un po' di Antonio, crisalide incapace di abbracciare il
cielo, mutevole puzzle sofferente del pezzo mancante, divenutoci nel frattempo
amico, viva tra le pieghe nascoste di ognuno di noi. Nelle fortezze inespugnate
dei nostri silenzi, nell'ombra sussurrata dei ricordi, nello sfilare
inconcludente dei pensieri, quando, sotto l'egida ingombrante di pesanti
coperte, tardiamo ad assopirci, e il domani pare allontanarsi, dilatando col
suo beffardo respiro lo spietato rintocco delle ore. Solo
il rapporto con Valentina, altro personaggio cardine della storia, compagna
solerte e innamorata, generoso scrigno di perduta memoria, aiuterà a schiudere
il sipario fino ad allora taciuto, e a ricongiungere Antonio, in un' insperata
catarsi, con i segreti del suo passato, ovunque essi decideranno di portarlo. Fosse
anche verso il recondito richiamo di una misteriosa donna vestita di nero,
immortalata dalla conciliante eternità di un quadro. Preparando il terreno a
quel seme fecondo che, ormai da troppo tempo, attende, senza colpa, la sua
primavera.
Francesca
Migliani
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