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 Araldo Camici

 

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Colore amico

 

 

 

 

 

Un culto, il colore, al quale si è votato senza mai ripensamenti, con una costanza propria agli artisti che si affinano e già si affermano nel proprio tempo, capace di analizzare gli approdi cui perviene nel fare d’artista. I suoi lavori ignorano la ripetività, ogni dipinto fissa una visione che rimane unica, frutto di un amplesso che non si riproporrà più se non ricorrendo a un plagio di se stesso operato dall’artista come accade nella produzione di routine. Camici non è mai incorso in tranelli come quello di sacrificare la tipicità dell’impulso creativo avvertito e tradotto in pittura fino dagli esordi per avventurarsi in mode a lui non congeniali solo perché supposte corifee di una modernità cogente, come quelle in cui è solo l’artista a possedere la chiave di comprensione del suo prodotto duraturo o effimero che sia. Camici, vivendo nel terzo millennio, gode ormai di una libertà che non troverebbe ostacoli, come invece accadde alla Indipendent Society Artists, che non accettò l’urinatoio di Duchamp. La produzione pittorica di Camici è chiaramente leggibile perché si richiama alla natura enfatizzata nei suoi aspetti cromatici.

Brunello Mannini

Durante l'inaugurazione vi sono stati interventi  critici di Brunello Mannini e Pier Fernando Giorgetti ed una breve lettura di Sergio Vincenzoni (da sinistra, nell'ordine).

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