La storia pittorica di Osvaldo Peruzzi comincia
a Milano nel 1930. L'incontro con Munari, Prampolini e Fillia lo
iniziano all'avventura futurista e ne tracciano l'impianto e il
disegno artistico. Per tutta la lunga durata della sua carriera,
peraltro non ancora esaurita, Peruzzi si attiene a questa formazione
ideologica, indossando appieno il vestito futurista. Il movimento
e il dinamismo, il rifiuto del passato, un dichiarato giovanilismo
ottimista sono gli elementi di base della nuova filosofia. Il nostro
non viene mai meno al suo credo, né tradisce stanchezza o
perplessità, ma continua ad esaminare per tutto l'arco della
sua produzione "ogni azione che si sviluppa nello spazio"
come energia e substrato di costante rinnovamento. Sono comunque
i grandi rivolgimenti della tecnica, le grandi invenzioni a costituire
l'ossatura delle sue composizioni pittoriche, che diventano temi
di interesse artistico nel gioco scattante di luci e colori in quella
pulizia geometrica in cui lui stesso dichiara il bisogno insopprimibile
nel suo Manifesto futurista del 1941. In tutta la sua produzione
si assiste al fermento creativo legato a costanti impulsi verso
il nuovo e al capovolgimento di vecchi sistemi nella ricerca di
una diversa valutazione della vita e del mondo. Ed è
un continuo scoprire la gioia di vivere che si legge nelle tele
di Peruzzi, questo suo adeguarsi al quotidiano con uno spirito sempre
attento, ma altresì portato ad una visione ottimistica. Così
nascono le sue famose tele che si ispirano alla visione aerea, con
una chiara intonazione lirica. Accanto allo scatto della macchina
rigidamente legata a scemi, coesiste l’infuocato globo del sole
che spacca la vista, ma che distribuisce energia: “Splendore geometrico
aero terrestre”, 1932. C’è dunque una commistione di
temi che si dispongono sulla tela in ordine rigoroso e non permettono
a elementi perturbativi di immischiarsi e di rompere la soavità
lirica dei suoi dipinti. Colore e rigorismo geometrico, simultaneità
e compenetrazione di immagini fino a raggiungere in un cromatismo,
in assenza di sbavature, un contenuto di forte carica emozionale.
L’artista c’è. Si espone ogni volta che porta un dipinto
a compimento, si sottopone al giudizio degli altri in assoluta consapevolezza
di regalare un qualcosa di sé, a livello di linguaggio, ma
forse ancor più a livello di comportamento. Così la
sua avventura futurista che continua nonostante la decretata morte
del futurismo con la scomparsa di Marinetti, firma opere prestigiose
che iniziano con i pastelli degli anni ’30 “Re del jazz” e scattano
precisi e simultanei a scandire le note del tempo. Nessun momento
della vita di questo secolo, di cui Peruzzi è attento osservatore,
viene ignorato. Ora sono le donne del cinema, ora le immagini del
lavoro in vetreria, ora le suggestioni di passaggi aerei, ora sottili
vibrazioni emozionali distillate in paesaggi, a dichiarare la sua
incredibile giovinezza spirituale e l’energia creativa con le quali
l’artista continua a indagare nel passato, sondare il contemporaneo
per proporsi al futuro. Peruzzi continua quindi a regalare storie
che alla vita dell’uomo, al suo rapido e incessante passaggio nella
fretta di superamento di azioni ed eventi, s’ispira, trasferendo
il suo innegabile bisogno ins empre nuove esperienze cromatiche
il cui sotteso assunto è la determinata volontà di
ridurre il molto o il tutto in sintesi. Quella sintesi di cui durante
tutto il suo iter artistico, nel riflettere il rapido susseguirsi
di azioni ed eventi, Peruzzi, nel rispetto della simultaneità,
ha subito sua sponte l’incontrastato fascino.
G.
Matthieu
OSVALDO PERUZZI nasce a Milano il 25 Maggio 1907. La
sua innata sensibilità artistica ha modo di maturarsi agli
inizi degli anni '30 quando frequenta il Politecnico e conosce i
futuristi Munari, Prampolini e Fillia. Laureatosi in Ingegneria
nel 1932, si sente maturo per aderire al movimento guidato da Marinetti,
del quale diviene subito amico. Inizia così anche per lui
la grande avventura futurista con la partecipazione a tutte le più
importanti iniziative. Nel 1933 è a Firenze alla mostra di
Palazzo Ferroni e a Milano, alla Galleria Pesarc, per l'omaggio
a Boccioni. Nello stesso anno porta il futurismo a Livorno, la città
nella quale si era trasferito nel 1932, con una grande mostra collettiva.
Viene invitatoi alla Biennale di Venezia del 1934 e alle Quadriennali
romane del 1935. Nel 1937 è a Parigi per il padiglione "Italia"
all'Expò 37. E' del 1941 il suo manifesto futurista "Plastica
dell'essenza individuale" e del settembre dello stesso anno
una lunga presentazione di Marinetti della sua opera. La guerra
lo chiama nel 1942 sul fronte libico e l'anno seguente viene catturato
in Tunisia e internato a Weingarten in USA. La dura esperienza della
prigionia non fa venir meno nell'artista la pasisone per l'arte;
continuerà infatti a dipingere e ad allestire mostre improvvisate
anche in quegli anni. Con la morte di Marinetti avvenuta nel 1944,
il movimento futurista, senza più il suo capo, perde consistenza.
Continua invece l'attività di quei futuristi che, come Peruzzi,
sentono ancora di avere qualcosa da dire. Nel 1955 e nel 1959 è
ancora presente alle Quadriennali romane e organizza una sua antologia
itinerante che raggiunge i più importanti paesi europei.
Nel 1967 aderisce al manifesto "Futurismo Oggi" con Acquaviva,
Benedetto, Bruschetti, Crali, Dottori, Marasco ed altri. Negli ultimi
anni sono arrivati all'artista livornese significativi riconoscimenti.
Nel 1981 è uscita una sua monografia, per i tipi di Scheiwiller
di Milano, curata da Marzio Pinottini. Nel 1982 è stato inserito
nella sezione futurista della mostra "Anni Trenta" tenutasi
a Milano ed è stato invitato con numerose opere a Firenze
a Palazzo Strozzi per "Futurismo e Sport". Nel 1993 è
presente alla mostra "Andreoni e i futuristi a Milano fra le
due guerre" al Palazzo Reale di Milano. Nel 1997 sue opere
sono inserite nella grande mostra di Palazzo Ducale a Genova: "Futurismo.
I grandi temi 1909-1944":
Luciano Caprile |