Recensioni Marzo 2008

 

 

 

 

 

 

 

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Recensioni

Laura Rainieri

Angelo pazzo e altri racconti

Excogita Ed. Milano 2007

con prefazione di Rossana Roberti

 

Denso di emozionanti suggestioni, espressivo di un’etica del sentimento, immerso a tratti in un’atmosfera surreale tuttavia pervaso da una costante programmazione di razionalità, così si rivela a chi legge questo nuovo libro di Laura Rainieri. La scrittura narrativa, sempre più avvolgente e coinvolgente nell’addensarsi delle vicende, talora opportunamente interrotta da un improvviso frantumarsi della frase per creare suspense, è guidata dal filo conduttore dell’introspezione che penetra l’interiorità dei personaggi e ne scandaglia le intime emozioni di fronte alle svariate esperienze di vita. Proprio in queste particolari prerogative stilistiche risiede ciò che generando l’interesse e l’entusiasmo del lettore non gli permette lo stacco dal narrato finché non se ne giunga alla conclusione. Lo stile infatti con la sua costante opera di saldatura tra individualità e comunicazione, tra contenuto e forma, connota il linguaggio della Rainieri facendo delle parole che lo costruiscono, di volta in volta il sospiro dell’anima, la beatitudine del sogno, il soprassalto dell’incubo. Le sue sono parole fatte d’ombra o di luce, e dentro vi appaiono sorrisi celestiali o sarcastici, sguardi appassionati o indifferenti, spesso attraversati da un lampo di una sottile ironia. E ancora sono parole che tessono, per ogni racconto, un nuovo abito adatto a vestire perfettamente il corpo della trama esaltandone le forme e la grazia nella luce più consona, scolpendole con l’opera di un cesello che scava le minuzie e le fa brillare. L’incalzare di questo linguaggio consente di cogliere nella descrizione degli eventi narrati l’intersecarsi della realtà col sogno, come spesso accade nella vita. Perché Laura sa fissare sulle pagine le molteplici forme del vivere con la forza dell’espressività verbale facendo risuonare nelle parole il diverso timbro di ogni voce, colorandole delle più variegate cromie, cospargendole di profumi deliziosi o di odori nauseanti, rendendole vibranti di una passione condivisa o confinandole in una cupa solitudine. “L’irresistibile fascino della parola” è dunque a mio avviso, la locuzione che meglio si addice a definire la scrittura di Laura Rainieri. Come accade nel racconto “Callura” dove la visione di una realtà capovolta viene resa dalla duttilità verbale con tragica verità, metafora di uno smarrimento esistenziale che scopre infine nel ritrovamento della consueta routine, la realtà in cui immergersi e di cui dissetarsi, come alla fonte della salvezza. Del resto è la stessa autrice che nel racconto “Marta e Marisol” afferma: Le parole godono di una vita particolare, a mezz’aria, un po’ come gli angeli, non proprio in cielo, ma nemmeno sulla terra… Ed è merito dell’abilità con cui Laura ama sfidarsi con le parole, se le sue storie non si sviluppano solo linearmente, ma anche attraverso le angolazioni di opposte significanze grazie alle quali l’intreccio ora si alleggerisce verticalmente per salire alle stelle, ora si allinea orizzontalmente per adeguarsi a qualche piatta realtà, ora si proietta verso il basso per sbriciolarsi nel nulla di un vuoto esistenziale. Nella foga del racconto, il linguaggio fluisce rapido come un fiume in piena, ma i fatti narrati vi restano fermi come sassi ben levigati nell’impetuosa corrente, mostrando sia il lato poetico sia il lato tragico dei fatti ai quali l’autrice dà rilievo con la propria sensibilità. Una sensibilità sempre fortemente affiorante e tuttavia contenuta in una sorta di misurata passionalità che, al di là del fermo progetto della ragione e delle dinamiche visioni di una fantasiosa creatività, esprime altresì quella sobria compostezza narrativa adatta a valorizzare ogni forma di arte e tanto più quella dello scrivere.

Franca Maria Ferraris

 

 In fondo il femminile è tutto quanto fa parte delle nostre nascoste potenzialità. La sintesi delle nostre valenze, delle nostre possibilità, delle nostre segrete aspirazioni, dei nostri paesaggi sia fittizi che reali. Femminile è l’essenza, l’arte e la poesia. Allora niente di più appropriato che titolare questo terzo libro di poesia: Femminile, dopo le prime due esperienze editoriali di Totem e Tatuaggi. È sempre tuttavia nel mondo dell’imponderabile, dell’emozionale che la nostra poetessa vaga alla ricerca di una più precisa identità, di cui desidera appropriarsi. La musa di Laura è quasi sempre lontana dalla terra dove lei respira, e dista forse milioni di anni dalla banale realtà nella quale invece la nostra è costretta a vivere. Attraverso il libro muto della vita/dove il tempo è inalterato/si custodiscono/i segreti dell’universo/espressi in simboli/dei principi tarocchi. È dunque la non logica, l’imponderabile, il non riconoscibile la stoffa con cui cuce le sue liriche. Apprezzabile per lo più da chi naviga le sue stesse acque. Indagatrice dell’intimo la poetessa si attarda talvolta a scrutare l’invisibile e a cercare; dice, infatti: Incessante ricerca/stimoli la fantasia/e rendi labirinto la psiche. È dunque vero che Laura gioca volentieri con le sue innumerevoli percezioni per darsi poi un volto, una connotazione di cui lei stessa forse non ha ancora esperito un’apprezzabile conoscenza. Del resto nessuno può dire con sicurezza di conoscersi. Ognuno di noi si dibatte, e il nosci te ipsum rotola nella mente fino a saturare quasi ogni altra emozione. Già nelle precedenti pubblicazioni Totem e Tatuaggi il verso nella sua linearità assumeva talvolta accenti di non facile comprensione, sollecitato com’era dalla sua infaticabile capacità introspettiva a navigare nei luoghi dell’invisibile: tatuaggi, segni impressi sul corpo e nell’anima e totem affascinante tramite tra l’invisibile e il visibile. A questo punto però alla poetessa mancava il trait d’union capace di collegare questi due mondi, affascinanti quanto imprendibili, così dalla sua capacità indagatrice scaturisce il mito della femminilità sillabato con parole allusive e misuratamente sensuali come lucido serpente/dalle sinuose e rapide curve/muove dentro/femminile./Fecondità di sensi,/tra le vesti una venere/con le mani di scorpione/ai piedi/nuvole di piume. Ed è proprio questo condensato di emozioni, sensazioni e realtà fisiche a dare una connotazione quasi corporea all’idea. Del resto lo dice lei stessa I versi di ieri/sentiti e colmi di ispirazione/contengono altre risonanze/nel senno di oggi. È maturata Laura o ha semplicemente acquisito una più marcata identità che sostanzialmente poi è quella di ogni essere umano quando si libera dalle scorie e si accosta alla sostanza. Sono certamente concetti ampi, forse non totalmente applicabili alla sua poesia, forse è soltanto frutto della nostra indagine e non della sua volontà, tuttavia in questa terza silloge con l’acquisizione di una nuova consapevolezza Laura si riconquista o conquista il suo spazio femminile: Ed ora/prendi con mano concreta/la maturazione di quei tanti giorni/per ballare la tua danza/al ritmo pesante e leggero/e piano piano trasformati in farfalla. Allora due sono i nuovi elementi che compaiono “la femminilità” che si contrappone alla sua parte maschile e una sopita ma evidente riconducibilità al mondo della danza che, nella poetessa, s’invera nel tango, che diventa così un modo di espressione nel quale interagiscono sia il corpo che lo spirito. Ed è forse proprio in questa sintesi del corpo e dello spirito che il mondo di Laura non avverte più la dicotomia e si ricompatta in una dimensione più ampia e chiara. Allora femminile diventano: danza, anima, arte, fisicità e meditazione: Musica nutre,/cibo disseta/percezione duale,/irrequieta atmosfera da sogno. Sogno: identità raggiunta, tango: unione d’anime diverse. Probabilmente le sue.

Giuliana Matthieu

Laura Faucci

Femminile

Ibiskos Ulivieri

 

 

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