Recensioni Dicembre 2005

 

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Antonia Izzi Rufo

Pasquale Vecchione e “La Capitale

della zampogna"

Torino, Penna d’autore,

“libri da collezione”, s.i.p.

 

 Nota al pubblico letterario per la sua poliedrica attività Antonia Izzi-Rufo ci presenta in un’edizione fuori commercio la vita vera, vissuta del sindaco di Scapoli che rivalutando la zampogna, strumento nato a Scapoli la rese famosa nel mondo. Si ricorda che nei convegni internazionali che si tengono in tale paesino dell’operoso Molise, provengono da tutto il mondo suonatori di strumenti a fiato come gli scozzesi con la loro cornamusa. Ma il libretto in questione è importante, come dice l’Autrice, anche per la storia non romanzata di P. Vecchione. Amico di famiglia e di giochi della Izzi-Rufo, Vecchione, divenne poi Sindaco per antonomasia di Scapoli grazie ai ripetuti mandati della popolazione, dandosi tanto da fare per il suo paese «affinché uscisse dal buio e riscoprisse la sua tradizione» – op.cit., p. 5 – e, morendo prematuramente, «non ebbe il tempo materiale per realizzare in pieno quanto aveva… intrapreso» (ibidem) che qui la scrittrice lo ricorda con amore. Inoltre il libro è importante anche per le ricerche di storia locale tanto volute anche da Croce e oggi più che mai attuali in quanto il mondo si va omogeneizzando anche culturalmente à la Mc Donald. La vita dura di Vecchione, e altamente triste, rispecchia l’antica famiglia contadina patriarcale del Sud e del Centro-Sud, e non solo, d’Italia. Ma vicino a tanti duri avvenimenti c’è la minuta, appassionata, descrizione di una vita semplice, a noi purtroppo molto lontana dove si profila lo spirito di abnegazione del Vecchione che, vincendo ostacoli familiari, riesce con intelligenza e sacrifici a completare il liceo ginnasio, maturandosi a pieni voti anche se per mancanza di denaro non poté mai varcare un’aula universitaria. Si distinse comunque aggiornandosi continuamente e lasciando un’impronta indelebile – umana e cultuale – nell’intera comunità di Scapoli. Un’analisi storico-sociale ma anche antropologica (ricordiamo il breve dizionarietto dei modi di dire scapolesi recuperati alla memoria che chiudono il libretto) scritta in modo lineare e con passione, tipica della scrittrice molisana che, sebbene non abiti più a Scapoli, mai per davvero se ne è allontanata.

Enrico Marco Cipollini

 

 Si ripresenta con Vite Parallele, il suo 14° volume di liriche Azelio Ortali il raffinato interprete della vita dei boschi, e delle pianure assolate di cui ascolta le voci, il cesellatore del verso, graffiante, breve e repentino, l’incantatore delle serpi e dei ramarri, degli uccelli e degli scoiattoli, l’uomo che per suo merito o fortuna conosce il mondo oltre e al di là di quello consentito: il mondo dello spirito in assoluta simbiosi con quello naturale. E lo fa con l’inossidabile coraggio di chi tiene al suo mestiere, quello di vivere per essere, raccontare e parlare agli altri e a se stesso. Libro quattordicesimo contenuto nella sua valigia invisibile che ormai conosciamo bene per quell’insieme di preziosità letterarie, tessute di solennità magiche che raccontano di sospensioni nello spazio e nel tempo. Su carta musicale questa volta quasi a sottolineare il tratteggio di note di cui la buona poesia è formata, una scala di armonia per chi vuole leggere e imparare poesia lontano dalla pochezza dei più. Ma cos’è la poesia? Un dono diceva Celan, ma di chi? e la domanda naviga alla ricerca della risposta. Dono di un creatore munifico o di una mente coraggiosa che va al di là dell’ottusità di una mente comune. Dono per questo uomo che piace per il poetare delicato, forte e sapiente, vestito talvolta di abiti curiali e altre di abiti comuni per scandire le ore del giorno ed arrivare alla naturale conclusione di una domenica di festa, attesa per tutta la settimana. Piace Azelio Ortali per quelle sue immagini vaste e scontornate, per quelle sue piene figurazioni di cose, uomini e animali, soprattutto loro che rispondono al nome di aironi: Penombra. Decolla lo sguardo/ già sciolto/ va in coda all’airone/ ti lancio/ la voce se rispondi è un invito/ a viaggiare al tuo fianco; alberi: i tronchi più non mi vedono/ è uguale foglie e sentiero; gatti: Neriña, sguardo giallo/ per una vita insieme; fiori: Dopo, dopo c’è sempre qualcuno in mostra/qui c’è il fiore fitto di velluto pronto a sporgersi per ritrovare luce e poi uomini: noi diamo alla voce le note/che sanno/piacere e cantano tanti pensieri/ma loro, quelli/ che parlano diverso /come ci giudicano? e poi lui il cantore: Azelio è sopra/ nuca sul sacco/corpo lungo/occhi all’ombra di stoffa/ dorme. Uomini in continua tensione e battaglia con le miserie di tutti i giorni, le mancanze, i desideri e ancora le limitazioni del corpo. Uomini nell’ombra alla ricerca della luce di sole, stelle: noi. Ortali raccoglie sguardi seminati da occhi senza ciglia rinchiusi nell’invisibile valigia che porta con sé. E lui, poeta vero, maturato all’ombra delle avversità trova una sua ragione di essere nella rimozione sia pure transitoria di quei mali piccoli e grandi ma comunque sempre tali che l’uomo è costretto a subire; può essere la vista , può essere l’udito, può essere la parola. Uomini spettatori nel bianco sole che sfascia i rami uomini che imparano il passo del tramonto/ con occhi che non seguono piede/ uomini che s’accompagnano ad altri/ perché le stature sono infinite/ e ancora uomini che tendono le mani a chi precede e a chi segue. Vite legate. Vite parallele. E allora di base se la responsabilità verso il mondo è intelligerne la sensibilità, come sentimento, il sentire che ci lega ad esso e a tutto ciò che lo abita, Azelio con la sua espressività matura e delicata, con il suo giocare con uomini e cose, tocca il mondo incontrandosi con lui a metà strada in questa, diciamo, comunione percettiva.

Giuliana Matthieu

 

Azelio Ortali

Vite parallele

Ibiskos di A.Ulivieri

 

 

 Leonardo Selvaggi

Luigi Pumpo

Poeta della Vita e della Natura

Biblioteca di “Presenza

 

 

Ringraziamo Leonardo Selvaggi, poeta e scrittore, per condurci, attraverso la sua preziosa opera, nell’universo poetico di Luigi Pumpo – anch’egli uomo del sud – con il quale condivide il percorso artistico. Da “Foglietti della memoria” a “Percezione quotidiana”, passando attraverso “Poesie”, si coglie la vena poetica di Luigi Pumpo amorevolmente illustrata dai riferimenti di Leonardo Selvaggi, precisi e puntuali che raccontano gli intensi momenti di spiritualità, l’unicità dell’uomo e del poeta, l’amore per le cose minute, per il bello – mai disgiunto dal vero – che animano il cammino dell’uomo e dell’artista Luigi Pumpo, sempre profondamente legato al paese natio. Un affettuoso tributo quello di Selvaggi, che non omette di citare l’intensa attività letteraria e l’impegno del poeta, il cui verso non cessa di portare “vigore in una società inquieta”.

Silvia Frigenti

 

 

Ricordo di Renata Canepa

Ci piace ricordare le liriche di Renata Canepa - nostra ospite, e non per la prima volta, nel numero di settembre - per il garbo e la grazia di cui sono intessute. La semplicità e la spontaneità della poetessa, accentuata dall’uso del dialetto della sua terra di Rubiana, perpetuano la forza e la gentilezza che ne caratterizzano la poetica, unite ad una profonda religiosità: “Mi hai offerto/una seconda vita…”

Grazie Renata!

S.F

 

 

Settembre 2005

 Marzo 2006