MARCELLO LANDI
POETA
NOTE BIBLIOGRAFICHE
- P. Bargellini "Pian dei giullari" - Panorama storico della letteratura italiana, Editore Vallecchi Firenze 1950 : "Anche l'Eaismo di MARCELLO LANDI,FONTANI e PELLEGRINI, si propone di ristabilire "l'equilibrio oggi infranto dell'equazione uomo-mondo".- G.Barberi Squarotti " La cultura e la poesia italiana del dopo guerra" . Editore Cappelli, Bologna 1968: "Landi ha dietro di se un percorso già abbastanza lungo di aspro colorista di luoghi e di sensazioni e di sentimenti, affrontati con un'acre violenza che riscatta il suo discroso dal livello comune della provincia lirica italiana (nell'accezione da neormetica a realista). L'espressionismo scontento dei suoi momenti migliori ha una sua nota di terra e di sangue grezza, forte, che acquista durata al confronto con le molte decezioni idilliche e contemplative del dopoguerra.(....)" - A. Frattini "Poesia nuova in Italia" - Edizioni IPL, Milano 1968: " Per - tornare con la gamba lunga - alla poesia - ho dovuto ampliare la porta - trovare la vita " scrive, quasi a preambolo della sua nuova raccolta, Uomo a Uomo (Pisa, Giardini, 1963, pp. 40) Marcello landi; ma già la vita egli l'aveva trovata, magari aggredendola con fresca e scansonata libertà, provocandola con la sferza dell' humour , penetrandola con la secca incisività del suo stravagante bulino (....) un linguaggio duttile e disincantato volta a volta ellittico e colloquiale, ironico e duro, divertito e contratto, che riflette il trascolorante paesaggio dell'anima.(.....) Nella generale crisi di valori - e in tal senso questa poesia è anche probante testimonianza,- Landi sente la sterilità delle poetiche chiuse, del monologo privato, dell' "esilio cantato in soliloqui - d'alto lamento" : " che varrà - se un ordine non c'è, credersi soli, - dirlo in singhiozzi alo cielo ? Vai con l'uomo, - costrisci la regola, un destino - che sia negli anni un gesto di dolcezza - come il sole che nasce sopra i monti - come il cuore che viene dentro gli occhi". Dove la suggestione del ritmo, la scelta degli oggetti, il cursus ritmico-tonale (che attenua la cruda figurazione della clausola), trascendono la pura dimensione semantica, a fissare nella parenesi non una verità di ragione, ma una tensione, un moto vivo dell'anima. Come accade nella poesia autentica. (1964)
- Luciano Luisi "lettera a Marcello Landi" - Belforte Editore Livorno 1970: "La naturale timidezza, l'amore per la solitudine rendono Marcello Landi estraneo persino a quella gente in mezzo alla quale è lungamente vissuto, il suo modo di ripiegarsi in se stesso, silenzioso, rassegnato trova soltanto di fronte a qualche raro amico la rivincita dell'irruenza, una irruenza che nasce dalla insoddisfazione di ciò che non ha ottenuto; se gli accade di giudicare le proprie cose, poesie o quadri che siano e di scoprirvi senza falsi pudori il segno della sua innegabile personalità. (...) Così Landi trascende la propria esperienza, la propria cronaca (una difficile infanzia, lunghi anni di guerra combattuta che lo hanno minato nel fisico e nei nervi) per giungere con la grazia illuminante della poesia ad un più profondo scavo interiore. "E questo plurale di angoscia altamente liricizzato - ha scritto con felice intuito Luigi Fallacara - va alla ricerca dei significati delle cose, delle ragioni dolorose, dei divini segreti, da strappare con un grido o un pianto al cuore stesso dell'esistenza.
Oh potessi sciogliere un nodo, quello che inizia la storia, e farne una corda tesa e serena....Egli è e si sente, uno di quelli che chiede per tutti, e per questo va avanti a tutti, e per questo è solo. (....)" - G. Manacorda "Storia della letteratura italiana contemporanea 1940-1975" Editori Riuniti, Roma 1977: ".... come suggerisce Barberi Squarotti introducendo Il giro di Francia, Marcello Landi ha raggiunto con La prova dei pianeti (Roma Trevi 1968) e ancor più con Le pietre di Volterra (Nuovedizioni Vallecchi, 1974) una sua originalità che nell'ultima raccolta si configura come una tragica condizione di "buio", di "paura" dalla quale Landi spasima la luce, l'aria, il mare aperto; la poesia ha così cessato per lui di essere un giuoco "con le sillabe ultime di Apollo" per divenire il solo linguaggio capace di ribaltargli quel contrario della vita che sono i giorni che egli vive."- A Frattini "Inchiesta sulla poesia" Edizioni Bastogi, Foggia 1978:
".. Sul numero 10 di " Produzione e cultura ", la rivista del Sindacato Nazionale Scrittori, Mario Lunetta, in coda al suo attentissimo e acutissimo " Rapporto sulla poesia " parla di Marcello Landi come " dell'unico vero maudit di questi nostri anni" e ne ricorda " il lavoro piuttosto appartato e maledettamente in ombra " citando " Città nera " ("Fermenti") come "qualcosa di più di un talento stralunato e bislacco, il nocciolo di una buia ossessione". E così siamo d'accordo, e per ciò pubblichiamo questa poesia in due tempi che Marcello ha mandato al nostro Toti in cambio di altre che si è convinto non gli siano " andate a genio ". Non è così, naturalmente, ma pubblichiamo comunque questa che " va più a genio " all'autore stesso. Con la stessa stima e lo stesso affetto.Una poesia in due tempidi Marcello LANDI
IL BUIO CHE PORTI
Rimpianto e stanchezza " manon guardare lo specchio a metà."IIo ti conosco per il buio che porti ma non potremo essere mai essere amici, notte. Se ti chiamo, lo sai, è per chiedere pietà dopo che il sole ci denudava all'improvviso e piaghe e solitudini mostrava e questo amaro dentro. Così, dopo il brillare dei bicchieri andavo alla mia tana, al mio cuscino per trovare un'aurora più chiara che mai è apparsa, nemmeno a contarsi le dita di una mano, quasi buttando i giorni e giorni dietro il muro. Io ti conosco per il buio che porti mai per le luci di una festa, notte, ben tristi apparirebbero le stelle, chi potrebbe aiutarmi incontro all'altra ? forse questo Gesù legato al collo per quetare il castigo dell'ansia, questo tarlo senza domani.IIPoesia del rimpianto, dici, del resto il giuoco dei fantasmi di carne e di nerbo non puoi trovare, limiti, sì, come le sbarre di un casello questa volta: eppure le sillabe nel giuoco ormai trascorso dei pianeti del cielo e della terra insorsero forse nel blasone che tu ami ed altre schegge, anni vivi come le serpi, di prati e cieli e fondali a te ignoti Ora è così, stanchezza, certo, malinconia. Ma non guardare lo specchio a metà se vuoi farmi un abito da poeta, resta lo spazio, la vita distesa oltre le sbarre.IIIEppure, mi sembrò la tua anima eleggermi, o città del mondo, mi fermavo davanti alle statue e c'erano tagli di rondini, l'aria così celeste da prenderla per mano e udivo, sopra le cupole, gli angeli cantare, il cielo scrosciare dalle fontane ed avevo accanto l'amore, Marina, un attimo solo. Dimmi dopo che al tempo caddero le ali, quale fu il suo destino. Sei sempre in quell'aria celeste o sei rimasta così insieme agli angeli: così ti penso, muta in quel coro.IVRicordi, al di là della sagra dei versi la bicicletta tonda, le solitudini percorse, la fonte dell'acqua marcia che li acquietava.
E' là, lontana ma esiste quell'acqua, la bicicletta no, la rubarono al fronte i filippini.
Quanti anni ruotò davanti al mare, trovò, a quel tempo, amici e donne e, perchè non, al di là della sagra dei versi la rubarono al fronte i filippini."- G.Barberi Squarotti, Francesco Spera "Letteratura italiana contemporanea" - diretta da G. Mariani, M. PetruccianiEditore Lucarini, Roma 1982:
"Landi ha dietro di se un percorso abbastanza lungp di aspro colorista di luoghi e di sensazioni e di sentimenti, affrontati con acre violenza che riscatta il suo discorso dal livello comune della provincia lirica italiana (nell'accezione da neoermetica a realista). L'espressionismo scontento dei suoi momenti migliori ha una sua nota di terra e di sangue grezza, forte, che acquista durata a confronto con le molte decezioni idilliche e contemplative del dopoguerra.(......) Dopo, Landi ha rinnovato a fondo modi e direzioni del suo discrorso poetico. I suoi versi si sono fatti sempre più netti,secchi, straziati dall'intento di andare fino in fondo alla disperazione, all'abisso della mente, all'angoscia della solitudine, al nero buco dell'anima e del mondo dove forse c'è l'ultimo significato della vita e della sofferenza. A mano a mano che la poesia sonda il dolore e i "mostri" interiori, la parola si fà più netta e chiara, più pura. Credo che ben pochi poeti contemporanei siano stati capaci di percorrere con tanta lucidità e con tanta passione l'itinerario di ricerca della verità dell'esistenza poprio quando tutto intorno sembra dissolversi, perdere valore, irrimediabile la divisione del mondo, l'estraneità incolmabile, oscuri fantasmi popolano la mente, le certezze si dissolvono. Che parli col cane o ne ricordi la morte crudele, che investighi la "città" del dolore, dell'angoscia, della solitudine degli ammalati senza speranza e senza futuro, che si rivolga al nipote bambino come all'unica presenza ideale di salvezza e di pace, sempre Landi propone una poesia che sembra dettata dopo il ritorno miracoloso e tragico dal regno oscuro del nulla come tesimonianza di un tenace viaggiatore che ha sfidato fino in fondo il rischio di perdersi e che si è salvato aggrappandosi alle pochissime immagini care che gli sono servite da filo di Arianna per il ritorno, ma soprattutto dal sostegno interiore dato dalla certezza della propria vocazione a dire, del compito toccatogli da sempredi dare la relazione fedele e autentica su ciò che è al di là della vita comune, della norma del pensare e dell' essere, nel dominio della malattia e della morte." (NdR: queste note bibliografiche sono purtroppo molto limitate e lacunose, ciò non è dovuto a scarsa cura ma solo a insufficienza del tempo disponibile per una più approfondita ricerca, saremo grati a tutti coloro che vorranno inviarci materiale teso ad arricchire il contesto)