Recensioni Settembre 2005

 

Home

 

Recensioni

 Renata Canepa

Il bosco incantato

Edizioni “Il Grappolo”

 

 

 Renata Canepa, con questa silloge, ci conduce nel suo universo di piccole-grandi cose, senza rinunciare al garbo e alla grazia che la contraddistinguono, rendendo ogni singolo elemento vivo e palpitante: Una goccia…Una sola/ è ritornata,/ per non lasciarmi più; e ancora: …Tutto, in te, donna/ era amore,…sino all’ultimo palpito/ e solo allora, le labbra/ si aprivano al sorriso. La concisione del dialetto della sua amata Rubiana riveste di armoniose sonorità l’arrivo della primavera col canto del cuculo/ e la rondine sul tetto…compostamente in preghiera. L’elemento religioso, così come l’uso della lingua dialettale, sono la quintessenza dell’anima lirica di Renata Canepa: … Di Sorella Acqua/ e Fratello Sole, il Santo/ si estasiava e si nutriva,/ come di tutta la bellezza/ spirituale, che il Creato con amore/ gli donava…cresciuta e nutrita in terra di Piemonte, Terra di Santi. Vivide immagini di spiritualità e semplicità francescana ispirano una Musica di venti,/ di pioggia,/ sussurri di fontane. L’elemento religioso è talvolta fiabescamente accostato a quello pagano delle favole, dolce ricordo: …nel bosco…C’è addirittura Biancaneve/ e i sette nani/ che ballano con il frassino; e poi: …Essa darà alla luce un Figlio/ e tu gli porrai il nome/ Gesù…. La gioia di un cuore semplice accoglie con amore la sofferenza di Cristo che … Mi hai offerto/ una seconda vita……hai camminato per me. La raccolta si conclude con due preghiere, le più semplici e spontanee, le prime invocazioni d’amore che fin da bambini impariamo a rivolgere a Dio Padre e alla Madre Celeste, le più alte espressioni di spiritualità e, per la nostra autrice, anche di poesia: il confine ha, qui, la diafana consistenza di un miraggio. Renata Canepa è riuscita, ancora una volta, a incantare e commuovere il suo pubblico con la forza della spontaneità e la vividezza del suo sano mondo antico e dei suoi principi saldi come rocce. Forza e gentilezza, il binomio vincente del poeta che sa imporsi sull’effimero delle tendenze.

(Silvia Frigenti)

 

 Come si è fatto per altri libri recensiti da questa rivista, accumunati dal restituire un vissuto segnato dall’attraversamento di quel Rubicone che fu l’8 settembre 1943, ringraziamo anche Franco Calabrese che col suo Labirinto di un sogno arricchisce ulteriormente l’archivio delle testimonianze di generazioni tracimate da un mondo che lui stesso qualifica semplice e buono (…) dissolto dietro le brume sanguigne della guerra e le ingiurie della disfatta.

Non esistendo esseri umani identici né percorsi tali, ogni autore fa storia a sé, talora sorprendendo con dettagli sconosciuti agli addetti ai lavori e che trascendono la sfera dei singoli. Calabrese termina il racconto del proprio vissuto al concludersi dei trent’anni. Lo ha fatto con una limpidezza e sincerità che rende il testo amabile a tutti, con uno stile che, senza bisogno di ricorrere al suo curriculum, lo connota poeta e narratore qual è. Non pochi sono gli esseri umani che lo hanno accompagnato o incontrato nel rievocato tratto di vita, caratterizzati tutti con una capacità percettiva da ritrattista nel mentre il sapore dei luoghi dove ha dipanato il filo del tempo è sempre reso cogliendone le parvenze essenziali. Credo che specie i lettori delle generazioni prossime a quella di Calabrese non esiteranno un attimo a ringiovanire di colpo al suo citare canzonette che parlavano di mille lire al mese, fiorin fiorello e Rosamunda, e i giovani a restarne incuriositi. Queste poche annotazioni per dire intanto che nessuno si troverà davanti un semplice diario, bensì a un racconto profondo, passibile di essere assunto nella sua oggettività di narrazione letteraria in prima persona. Tuttavia, data l’impolicità della struttura intellettuale dello scrittore, così bene individuata nella introduzione di Elisabetta Bianchi, che mi convince esaustiva, il lettore troverà un campo fertile quando voglia riflettere sul presente stato delle cose in cui viviamo.

(Brunello Mannini)

 Franco Calabrese

Il labirintodi un sogno

Lorenzo ed.

Torino 2004

 

 

  

 Lorenzo Del Boca

 

Indietro Savoia

 

Piemme Pocket

 

 

 

 Qualche sospetto che questi Savoia non fossero poi totalmente affidabili ci era venuta fin dai tempi delle guerre di successione spagnola, polacca e austriaca del ‘700 allorché tale casa regnante nel piccolo Piemonte passava con disinvoltura dall’alleanza con i Borbone agli Asburgo. Poi, nell’Ottocento, ci siamo trovati di fronte al Risorgimento, a Vittorio Emanuele II padre della patria con Cavour, Garibaldi e Mazzini, ai plebisciti, alle annessioni, al grido di dolore rivolto da ogni parte d’Italia al sovrano sabaudo e tutto ci è sembrato, uomini ed eventi, bello e glorioso. Ma i decenni sono trascorsi; la visione critica di certi avvenimenti si è accentuata, suffragata anche la considerazione degli eventi storico-politici del Novecento che hanno riguardato l’Italia. Esiste oggi un manipolo di giovani studiosi che ha riscritto la storia italiana al di fuori di ogni agiografica esaltazione. Tra questi va collocato Lorenzo Del Boca, laureato in storia e filosofia, giornalista professionista, già capocronista di “Stampa Sera”, inviato speciale de “La Stampa”, presidente della “Federazione della Stampa”, e dal 2001 dell’“Ordine Nazionale dei Giornalisti”. Egli, in Maledetti Savoia e Indietro Savoia ha riscritto in modo scrupolosamente esatto, ma impietoso, irriverente, una storia del Risorgimento, densa di rivelazioni ignote e perfino traumatizzanti, che coinvolgono gli eroi di Casa Savoia e dell’Unità d’Italia. Si comincia con Carlo Alberto, che concesse proprio di malavoglia la Costituzione il 4 marzo 1848, cercò di salvare il conservatorismo della propria casata ed insieme l’alleanza con i liberali moderati; si riscattò solo quando dopo la fatal Novara, se ne andò in esilio, solo, ad Oporto. Neppure Vittorio Emanuele collegato con tanta parte della storia italiana dell’800, si salva. Re di fresca nomina, cominciò il regno con la punizione esemplare del generale Ramorino, ritenuto responsabile di diverse azioni malcondotte e che, per di più andava a donne e sgavazzava con i soldi dei patrioti mazziniani, ma non era né colto né raffinato; si professava anticlericale; non andava d’accordo con Cavour, rampante futuro capo del governo né tanto meno con Mazzini, assertore delle tesi repubblicane. In Indietro Savoia stampato come l’altro per i tipi della Piemme Torino, anche in edizione pocket, ci sono pagine sensibili sull’azione dei Veneziani che miravano principalmente a liberarsi della dominazione austriaca, ma che dovettero arrendersi il 7 agosto 1849, perché allo stremo delle forze. Così in maniera attenta e partecipe Del Boca presenta la Questione Meridionale, sorta subito dopo la sconfitta delle ultime piazze borboniche, Gaeta, Messina, Civitella e resa più tragica dalle drammatiche vicende della repressione del banditismo in Campania, che dal 1861 al ’65 scatenò una guerra civile, dove morirono più uomini che in tutte quelle del Risorgimento. Indietro Savoia è pertanto un libro che merita di essere letto e meditato, perché ci dà l’opportunità di vedere con altri occhi tutta quella storia patria che ci incantò da giovani, quando eravamo più romantici ed entusiasti.

(Elda Di Sacco)

 

Giugno 2005

Dicembre 2005