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Ginkgo Biloba |
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Successive ricerche individuano in quest’albero, definito
da Darwin un “fossile vivente”, l’unico superstite di un genere
(ginkgoacee) molto diffuso 200 milioni di anni fa, nel Giurassico
inferiore, quasi sterminato da una glaciazione nel Pliocene e sopravvissuto
soltanto in alcuni boschi in Cina e poi coltivato come pianta sacra
nei monasteri dove esistono ancora esemplari millenari. Sì,
perché questa è la caratteristica più evidente
del Ginkgo: impiega più di 30 anni per maturare e dare frutti
e mille anni per morire. E nel frattempo acquista maestosità
e imponenza. Ha una crescita lenta, circa 30 cm. all’anno per i
primi 30 anni, però nei secoli può raggiungere 40
metri di altezza e 1,5 metri di diametro.
L’interesse alle virtù medicinali della pianta
e all’uso dei suoi semi e frutti è annotato nella “Materia
Medica Cinese” del 2800 A.C. La nostra fantasia popolare e la curiosità
medica è stata però solleticata molto modestamente
perché mentre in Cina l’uso delle foglie a scopi terapeutici
risale al 1500, nel mondo occidentale dobbiamo aspettare il 1960
perché l’estratto delle foglie di Ginkgo, finalmente utilizzato
per ricerche e studi clinici di rilievo, venga posto in commercio.
E’ solo negli anni ’80 e ’90 che questi studi vengono condotti approfonditamente,
facendo della pianta più antica il rimedio più moderno.
Il rimedio diviene immediatamente popolare per combattere
i sintomi dell’invecchiamento e della degenerazione neurologica
della fase iniziale del morbo di Alzheimer. Quindi come coadiuvante
in caso di lieve depressione, impotenza, mal di testa e tinnito.
Studi ancor più recenti attribuiscono al Ginkgo un ottimo
potere di contrastare i radicali liberi e di combattere lo
stress ossidativo delle cellule nonché una capacità
di inibire il fattore di attivazione piastrinica (antiaggregante).
In generale, sembra confermata l’importanza di questo rimedio nell’attenuare
i disturbi generalmente collegati all’età avanzata.
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