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È un ortaggio così diffuso e così facilmente reperibile in ogni mercato, che il sedano è ormai molto trascurato come pianta officinale. Cresce facilmente perfino nel mio orto, pur restando di gambo piccolo e verde, ma io lo uso per aggiungerne qualche foglia fresca e aromatica alle salse e alle minestre. Per quei piatti che necessitano di costoloni bianchi e carnosi mi rivolgo al fruttivendolo, lo ammetto. In tavola aggiungo spesso all’insalata i fusti come pure, nella varietà sedano rapa, la radice finemente affettata. Il sedano coltivato, come quello selvatico, possiede anche proprietà medicamentose conosciute fin da tempi remoti.

Perle:

Il sedano, pianta fresca o radici essiccate, del quale i Romani si incoronavano durante i banchetti unendo i suoi fusti al mirto, si dimostra prima di tutto diuretico e colagogo, si utilizza nell’insufficienza epatica, la renella, i reumatismi, la gotta e in tutti gli stati di debolezza renale non accompagnati da infiammazione. Poiché esso è nello stesso tempo stimolante e aperitivo, non si può fare a meno di consigliare agli abitanti dei litorali ove esistono stagni e paludi salmastre, di raccoglierlo. Essi otterranno il miglior effetto usando il succo della pianta fresca, tritata o spremuta in un pezzo di tela, come cura stagionale, nella dose di uno o due bicchierini da liquore al mattino…  Le radici secche si usano in decozione nella dose da 30 a 60 gr. Per litro d’acqua: tre tazze al giorno. Questa decozione, mescolata a latte munto di fresco, assunta a digiuno, veniva una volta usata contro le affezioni polmonari croniche, catarro, asma, così come negli abbassamenti di voce… (Dizionario delle Erbe – Pierre Lieutaghi – Rizzoli Editore Milano, 1974)

 Se i gambi di sedano sono da tutti molto apprezzati per insaporire e rendere più croccanti le insalate, è ai semi di questa pianta che bisogna ricorrere se siamo interessati alle sue proprietà officinali. Già nell’antichità era piuttosto frequente preparare aceti e balsami a base di semi di sedano per combattere l’insonnia, il nervosismo, le influenze e i raffreddori. Omero racconta che Achille riuscì a guarire il proprio cavallo che si era gravemente ammalato facendogli mangiare una pianta chiamata selinon: in essa è facile individuare il nostro sedano. L’erborista tedesca del XII secolo Santa Ildegarda suggeriva di ottenere una polvere tritando finemente i semi di sedano e di somministrarla a chi fosse ammalato di gotta. Del resto per tutto il Medioevo il sedano fu coltivato proprio per queste sue proprietà medicamentose e tutti i libri di ricette dell’epoca ne parlano diffusamente. Nell’antica medicina indiana i semi di sedano erano prescritti come diuretici, in casi di problemi digestivi e artriti… (Cent’erbe – Nardini Editore, Fiesole 1996)

Benché erboristicamente il sedano che cresce spontaneo sia più pregiato, esso può essere tranquillamente sostituito con quello coltivato, di cui sono note le proprietà alimentari e dietetiche. Foglie e radici sono diuretiche, sudorifere e depurative e vengono impiegate, oltre che per stimolare l’apparato urinario con conseguente eliminazione di acqua, come coadiuvanti in caso di reumatismo, uricemia, renella, catarri vescicali e obesità. A queste parti della pianta vengono attribuite anche proprietà digestive e stimolanti la secrezione biliare…   I frutti del sedano, come quelli dell’anice e del finocchio, hanno la spiccata proprietà di favorire l’eliminazione dei gas intestinali. Il sedano non può essere utilizzato per uso esterno poiché esercita sulla pelle un’azione sensibilizzante che si intensifica per esposizione alla luce solare… (Le Erbe – Fabbri Editori, Milano 1993)

…[il sedano] è un buon eupeptico (stimola la secrezione gastrica) e quindi ottimo aperitivo e digestivo, tonico generale, carminativo (elimina le flatulenze e ventosità intestinali); notevole diuretico nelle malattie renali e vescicali con ritenzione idrica (come nefriti e idropisia) non connesse con fatti cardiaci. Viene anche apprezzato nella calcolosi urinaria e, per il già accennato potere diuretico, nel reumatismo articolare, nella gotta, nell’artrite infiammatoria e degenerativa. Per uso esterno viene impiegato come collirio, come cicatrizzante nelle ulcerazioni e per gargarismi nelle stomatiti… (Fiori e piante medicinali – Aldo Poletti – Il Mandarino Editore, Caselle Torinese, 1996)

Succo, vino, infuso e decotto trovano applicazione nell’artrite, reumatismi, debolezza di stomaco, aerofagia, litiasi e per smaltire le tossine dell’organismo; l’infuso dei semi [di sedano] si utilizza per inappetenza, aerofagia, meteorismo; gargarismi con l’acqua di cottura per infiammazioni della gola. Decotto per bagni contro i geloni. In cucina viene più spesso considerata una verdura che un’aromatica. Avvertenze: non consumare mai la pianta del sedano selvatico fresca… (Rimedi Naturali – Giunti Editore, Firenze, 2006)

“Se la donna sapesse ciò che il sedano fa all’uomo, lo andrebbe a cercare da Parigi a Roma”. Quando sentite uno di questi vecchi proverbi drizzate le orecchie. Tanto più che ce ne sono parecchi. Altrove si dice anche: “Se l’uomo sapesse l’effetto del sedano, se ne riempirebbe il cortile”. Qual è dunque questa virtù del sedano che tenta così forte gli uomini? È afrodisiaco e stimolante delle ghiandole sessuali…  La leggenda vuole che nel filtro d’amore di Tristano e Isotta entrasse una forte dose di sedano. È vero che altri sapientissimi ingredienti completavano questo filtro: il testicolo di un gallo bianco di due anni, vino e fiori di mandragora fresca e anche, più modestamente, tartufi, gamberi, peperoncino rosso, pepe, cumino, timo e lauro. Il sedano, umile erba dell’orto, era quindi in buona compagnia… (Ha ragione la NaturaMaurice Mességué – Oscar Manuali Mondadori, 1989)

La ricetta :

Il sedano fa parte dello Sciroppo delle Cinque Radici, vecchia preparazione diuretica utile nelle ritenzioni clorurate, quando vi sia irritazione delle vie urinarie. Questo sciroppo si compone di radici di sedano, di asparagi, di finocchio, di prezzemolo e di agrifoglio, pulite e tritate. Prendere 100 grammi di ciascuna di esse e gettarle in un litro e mezzo di acqua bollente. Lasciarle in infusione 12 ore rimestando di quando in quando, poi passarle attraverso un pezzo di tela. Ripetere l’operazione lasciando in infusione per 3 o 4 ore le radici in mezzo litro d’acqua bollente. Passare e far cuocere lentamente con un chilo di zucchero, aggiungendo a poco a poco il primo liquido fino a raggiungere la consistenza di sciroppo. Da due a tre cucchiai da minestra al giorno. (Dizionario delle Erbe – Pierre Lieutaghi – Rizzoli Editore Milano, 1974)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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